Tutto quello che c’è da sapere sui sondaggi elettorali
Quante volte in televisione si sentono le parole sondaggi elettorali, rilevazioni o exit poll? Hai mai sentito parlare di Ipsos, Tecnè o Demòpolis?
Se ti interessa capire a cosa si riferiscono questi termini, sei nel posto giusto.
Ipsos, Tecnè e Demòpolis sono solo alcuni dei principali Istituti di Ricerca Demoscopica italiani, il cui lavoro consiste nell’indagare l’opinione pubblica per restituircela sotto forma di dati e percentuali.
Di seguito, ti spieghiamo cosa sono e a cosa servono i sondaggi, come lavorano le Società di Ricerca e perché un partito politico o una candidato alle elezioni dovrebbe affidarsi ad esse per comprendere le opinioni del proprio elettorato.
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Perché indagare l’opinione pubblica?
La sfida della politica, da sempre, è quella di comprendere le opinioni degli elettori rispetto al proprio operato o a quello degli avversari. Tutto ciò è legittimo e legittimato dalla volontà di soddisfare le esigenze e le richieste dell’elettorato.
Ma è solo dal 1936, quando Gallup vinse la sua scommessa riuscendo a prevedere la rielezione di Roosevelt tramite un’indagine d’opinione, che la politica ha nelle sue mani uno strumento assai potente e controverso: i sondaggi.
Sondaggi, questionari e interviste sono strumenti sempre più utili e utilizzati sia dai media che dal mondo della politica poiché consentono di semplificare la realtà e restituircela sotto forma di numeri e percentuali.
Non tutte le indagini d’opinione però sono uguali e spesso vi è molta confusione a riguardo. Ecco perché è necessario fare chiarezza e capire come e quando questo strumento può essere utilizzato in maniera strategica (e lecita!) in campagna elettorale.
Che cosa sono i sondaggi d’opinione?
“Il sondaggio è un metodo per raccogliere delle informazioni su una popolazione attraverso una serie di domande poste direttamente ad un gruppo di persone scelte in rappresentanza di questa stessa popolazione”.
In altri termini, il sondaggio d’opinione ha come obiettivo primario quello di indagare le opinioni di una popolazione. Si cerca cioè di comprendere l’opinione pubblica riguardo un dato tema. Per farlo, si serve di un metodo ben preciso che prevede la somministrazione di alcune domande studiate ad hoc ad un campione di persone, cioè un gruppo limitato scelto su base più o meno casuale. A seconda della tecnica di campionamento scelta, il campione può quindi essere o meno rappresentativo dell’intera popolazione.
Ricerche di mercato vs. Ricerche sociali
Spesso il significato di sondaggio viene frainteso e assimilato ad altri termini come inchieste giornalistiche, televoto, exit poll e proiezioni. Non sono tutte la stessa cosa. La misurazione dell’opinione pubblica è un fenomeno abbastanza recente che si divide in due ambiti diversi di analisi.
Occorre quindi distinguere prima di tutto tra ricerche di mercato e ricerche sociali. Le ricerche di mercato nascono nel mondo del marketing aziendale e hanno come obiettivo la misurazione della soddisfazione del cliente per migliorare la qualità di un prodotto o di un servizio.
Le ricerche sociali, di cui fanno parte i sondaggi elettorali, sono invece ricerche statistiche il cui obiettivo è accertare opinioni, atteggiamenti e caratteristiche di una popolazione riguardo un dato tema di interesse.
Chi commissiona i sondaggi e chi fa ricerca in Italia?
I committenti dei sondaggi elettorali possono essere i partiti politici, i singoli candidati, le Amministrazioni pubbliche, le Istituzioni, i media, le Associazioni di rappresentanza degli interessi e, infine, i grandi gruppi finanziari e industriali.
Gli unici a poter condurre Ricerche demoscopiche sono però le Società di Ricerca. Queste possono far parte di ASSIRM, l’Associazione che riunisce le maggiori aziende italiane che svolgono ricerche di mercato, ricerche sociali e sondaggi d’opinione, oppure svolgere ricerca in qualità di Università, Fondazioni, Centri di Ricerca esterni o Enti pubblici.
Ciò che a noi interessa capire, però, è perché un Partito o un candidato dovrebbero commissionare un sondaggio d’opinione a un Istituto di Ricerca Demoscopica.
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Perché commissionare i sondaggi elettorali
Gli obiettivi possono essere molteplici. Lo scopo principale, solitamente, è quello di comprendere le intenzioni di voto e le priorità dei cittadini in modo da poter orientare la propria agenda politica.
Oggi si è sempre più attenti a misurare l’indice di gradimento di Partiti e leader politici. Poniamo un esempio concreto. In un momento di grave crisi Nazionale come quella causata dal Coronavirus, si è posta particolare enfasi sui risultati dei sondaggi di opinione circa l’indice di gradimento della classe politica.
Numerosi sondaggi riportavano che il gradimento per l’allora Presidente del Consiglio Conte era alle stelle, dimostrando come gran parte della popolazione stesse apprezzando le misure messe in atto dal Governo per affrontare l’emergenza.
Questo dato si è rivelato importante tanto per chi si è trovato a gestire l’emergenza, quanto per l’opposizione, poiché ha permesso a entrambi di comprendere come la popolazione stesse reagendo alle decisioni politiche messe in atto e, quindi, come orientare il lavoro nei mesi successivi.
Sondaggi come strumenti di comunicazione politica
I sondaggi sono, quindi, uno strumento di analisi utile ad indagare come si pone la popolazione riguardo una certa tematica. Spesso però, questi sono usati impropriamente anche come strumento strategico di comunicazione o previsione politica, per muovere voti o influenzare elettori incerti, mass media e Partiti nella definizione di programmi e alleanze.
I sondaggi elettorali possono, quindi, essere utilizzati strumentalmente come armi del marketing politico, giocando un ruolo fondamentale nel corso di una tornata elettorale, influenzando l’elettorato e quindi l’esito delle elezioni stesse.
In pratica, esistono effetti psicologici in grado di alterare la percezione di un candidato o di un Partito. In questo modo è possibile orientare il voto dei cittadini verso una parte politica piuttosto che un’altra.
I sondaggi elettorali, dunque, orientano e modificano l’opinione pubblica, rendendo plausibile la possibilità di una loro volontaria manipolazione a questo fine.
Sono due gli effetti principali che si possono riscontrare sull’elettorato a fronte della pubblicazione di un sondaggio.
Effetto Bandwagon
Il primo è definito “Bandwagon”, letteralmente “salire sul carro del vincitore”. A seguito di un sondaggio che dà per vincente un Partito o un candidato, l’elettorato indeciso tenderebbe a dare il proprio voto a chi è dato per vincente. Significa cioè votare per qualcuno solo perché la maggioranza sembra andare in quella direzione.
Da non credere? Facciamo un esempio.
Il 26 maggio 2019, in occasione delle elezioni Europee, la Lega raggiunge un clamoroso 34,3% dei consensi. Nelle tre settimane successive i suoi consensi non smettono di crescere sino a sfiorare il 36%.
Cosa è successo? La Lega si è attestata ufficialmente come primo Partito italiano. Dopo il voto, i sondaggi elettorali hanno dimostrato come l’1,4% in più della popolazione sia passata a favore del Partito guidato da Matteo Salvini, salendo sul così detto “Carroccio del vincitore”.
Effetto Underdog
Il secondo effetto, opposto, è invece definito “underdog”. Significa cioè lo spostamento di voto verso chi è dato per sconfitto.
Perché votare per il candidato sfavorito? Secondo recenti studi sperimentali il candidato “underdog” sarebbe percepito come più autentico ed empatico. In questo caso giocano un ruolo fondamentale gli indecisi. Vedendo il candidato in difficoltà, infatti, questi orienterebbero la loro scelta di voto verso di lui per consentirgli una rivincita. Facciamo un esempio anche qui.
Nel 2016, la sfida Trump vs. Hilary Clinton dava per netta favorita la candidata democratica, ma come sappiamo, la storia è andata diversamente. Quello che si ipotizza sia accaduto è proprio il verificarsi dell’effetto “underdog”.
Vedendo lo sfidate repubblicano in difficoltà, almeno secondo quanto riportato dai sondaggi elettorali, la sua base elettorale si sarebbe ulteriormente mobilitata per correre in suo aiuto. Gli indecisi si sarebbero convinti a votare per lui, consentendogli di ribaltare l’esito previsto dai sondaggi.
La regolamentazione dei sondaggi in Italia
Proprio perché i sondaggi elettorali possono essere strumentalizzati e la loro divulgazione tramite i media può influenzare l’opinione pubblica, il Legislatore italiano è intervenuto affinché il loro utilizzo venisse regolamentato.
In generale, la linea del Legislatore è quella di impedire che il sondaggio fornisca informazioni non veritiere o manipolatorie nei confronti della pubblica opinione.
In particolare, l’articolo 8 della Legge 28/2000 sulla par condicio vieta la pubblicazione dei sondaggi demoscopici riguardanti l’esito delle elezioni o gli orientamenti politici e di voto nei quindici giorni precedenti la data delle votazioni. Si parla in questo caso di “black out” dei sondaggi. Inoltre, per essere pubblicati, i sondaggi devono contenere una nota metodologica nonché una serie di informazioni riportate dal Legislatore stesso.
La profilazione dell’elettorato
Rispettando le norme di Legge e senza porsi l’obiettivo di influenzare le scelte di voto, lo studio demoscopico può fornire informazioni importanti per Partiti e leader politici. Informazioni che possono rivelarsi utili ad attuare una migliore e più efficace strategia comunicativa, comprendendo quali siano le esigenze della popolazione a cui rispondere.
In altre parole, i sondaggi e i dati da essi ricavati dovrebbero essere utilizzati per capire e conoscere meglio il proprio elettorato e profilarlo, affinché possa essere costruita una narrazione strategica specifica per ogni target.
Parlare indistintamente agli elettori pensando che siano tutti uguali tra loro è come parlare a vanvera.
Il ricorso ai Big data
Oggi è possibile ricavare informazioni preziose sulla popolazione anche attraverso la Rete e i big data da essa generati. Con il termine “big data” ci si riferisce infatti a grandi masse di dati contenenti quantità incredibili di informazioni che riguardano gli utenti.
Un esempio magistrale di utilizzo dei big-data per costruire una strategia comunicativa viene dalla campagna presidenziale del 2012 di Barack Obama, tanto da essere definito dal Washington Post “The Big Data President”. Grazie a tecniche di micro-targettizzazione degli utenti, è stato possibile per Obama tracciare i profili degli elettori attraverso un’analisi comparata di comportamenti e consumi, arrivando a differenziare il proprio messaggio a seconda dell’interlocutore.
Sulla scia della sua campagna, le campagne elettorali sono diventate sempre più “data-driven”. Abbiamo spiegato meglio che cosa significa anche qui.
La sfida del futuro: i big data sostituiranno i sondaggi?
Big data e sondaggi sono due strumentali sempre più essenziali nelle mani dei politici. Strumenti che devono essere utilizzati in maniera complementare al fine di raccogliere quante più informazioni lecite possibile sulla popolazione.
I big data, attualmente, non sostituiscono i sondaggi. Non sono infatti in grado di fornire un campione rappresentativo della popolazione. Non tutti, infatti, godono delle stesse possibilità di accesso alla Rete. Questi però sono da considerarsi nuovi strumenti a disposizione degli analisti per osservare la società.
Conclusioni
Imparare ad analizzare i dati che ci vengono forniti dai sondaggi e dai big data è indispensabile per costruire strategie comunicative efficaci e di successo.
Questa è la seconda sfida che la classe politica ha davanti. Chi non vorrà o non sarà in grado di farlo si ritroverà, ad un certo, punto ad abbracciare delle ombre, perdendo contatto col proprio elettorato.
E tu da che parte stai? Vuoi essere fra quelli che navigano nel buio o fra coloro che hanno in mano informazioni di prima mano su opinioni e orientamento di voto dei propri elettori?
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