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Caratteristiche di un candidato perfetto

In questo articolo, scritto da Maria Antonietta Barberio, Giovanni Andrea Cerrina e Gianluca De Bortoli, ti sveliamo quali sono le caratteristiche di un candidato ideale, fornendo anche consigli pratici per la campagna elettorale riguardo tempi di avvio dell’eventuale collaborazione con un professionista, gestione dei social media, realizzazione di video e molto altro. All’argomento abbiamo dedicato anche un video sul nostro canale YouTube:

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Cosa intendiamo per “candidato perfetto”

Contrariamente a quello che si potrebbe immaginare, non è poi così difficile definire il “candidato perfetto”. La nostra esperienza ci insegna, infatti, che non sono tantissimi i requisiti di base che deve avere. Vediamoli subito!

Il primo, fondamentale, è quello di avere un “programma”. Un candidato che non avesse ancora un programma, anche qualora si trattasse di una bozza di idee, dovrebbe evitare di presentarsi alle elezioni. Una campagna elettorale è, infatti, una campagna di comunicazione e, qualora non ci fosse niente da comunicare, non è proprio possibile pensare a nessuno dei passaggi successivi.

Oltre alle idee e al programma, il candidato dovrebbe avere una lista, anche se queste, in alcuni casi, vengono chiuse molto a ridosso delle elezioni. Un candidato che si presenti alle elezioni prima ancora di avere una lista o, peggio ancora, senza un programma, parte, a nostro avviso, con uno svantaggio che poi risulta difficile, se non impossibile, recuperare.

Oltre a queste caratteristiche che potremmo definire “di tipo organizzativo”, il candidato deve possedere anche caratteristiche o abilità tecniche e, soprattutto, caratteristiche umane. Fra le prime, una delle più importanti è la capacità di parlare in pubblico, cui abbiamo dedicato un articolo del nostro blog.

Concentriamoci, ora, su una caratteristica del candidato perfetto che non riguarda l’ambito tecnico o organizzativo, quanto, piuttosto, l’aspetto umano: si tratta, della capacità di gestire le emozioni.

Una campagna elettorale, infatti, si configura spesso come una vera e propria “tempesta emotiva” per il candidato, in cui i momenti “Sì”, in cui ci si sente sicuri e convinti di sé, si alternano a momenti “No”, in cui, invece, si vorrebbe mollare tutto. 

Saper gestire questa montagna russa di emozioni è una delle caratteristiche fondamentali per un candidato, e, in molti casi, ha molto più valore di ogni altra skill di tipo organizzativo o tecnico.

Le conseguenze di una cattiva gestione delle emozioni

Quali potrebbero essere le conseguenze di una cattiva gestione delle emozioni in campagna elettorale? La prima conseguenza è, senza alcun dubbio, quella di avere reazioni “di pancia”, cioè non controllate, quando avvengono degli imprevisti.

Una campagna elettorale, infatti, per quanto si basi su una strategia pianificata in partenza, è sempre a rischio di eventi inattesi: la gestione di questi è, spesso, una delle chiavi per vincere le elezioni. 

Saper gestire le proprie emozioni diventa, quindi, il requisito di base per riuscire a fronteggiare in modo efficace qualunque tipo di situazione: uno dei consigli che diamo ai candidati è di mantenere sempre estrema calma e freddezza anche quando si viene attaccati dagli avversari.

Per riuscire a non reagire in modo impulsivo quando si ricevono critiche e attacchi, magari calunniosi, il candidato deve fare appello alla propria forza interiore, oppure, qualora si rendesse conto di non averne a sufficienza, fare degli esercizi per potenziarla. 

Si tratta del famoso “contare fino a 10” prima di rispondere, che vale sia nelle riunioni di staff, sia nelle uscite pubbliche e durante le interviste per la stampa. Un suggerimento ulteriore è quello di pensare sempre, quando ci si trova in una situazione complicata, non alla conseguenza più immediata della propria reazione, ma soprattutto alla conseguenza o alle conseguenze di lungo periodo sulla propria candidatura. 

Tutti questi consigli, quando uniti ad una buona dose di buon senso, possono essere d’aiuto per un’efficace gestione dello stress in campagna elettorale.

Gestione dello stress per un aspirante candidato

Per gestire efficacemente lo stress in campagna elettorale un candidato può fare degli esercizi di rilassamento, tuttavia la scelta migliore è proprio quella di agire seguendo una strategia prefissata.

Questo consente, ad esempio, di non lasciarsi trascinare dalle emozioni negative durante un momento di crisi, poiché, anche in quella situazione, si avrà sempre un obiettivo di lungo periodo da perseguire.

Questo è quello che gli inglesi chiamano il “big picture” e consiste, in termini molto semplici, in una strategia solida che permetta di stabilire, fin dall’inizio, quali siano il contesto di partenza, le possibili opportunità e minacce che potrebbero presentarsi e il modo di gestirle. Riuscendo a prevedere in anticipo buona parte di quello che succederà, lo stress risulta ridotto al minimo. 

Ecco perché, in questo caso, è molto utile chiedere il supporto di un’agenzia di comunicazione esterna che sia in grado di concordare insieme al candidato quale sia la “linea” da seguire anche nei momenti di crisi, sia per quanto riguarda, ad esempio, i comunicati stampa oppure i post su Instagram o sugli altri social network.

Quanto tempo prima bisogna contattare un’agenzia di comunicazione?

In molti casi, avere il supporto di un’agenzia di comunicazione esterna può fare la differenza nella definizione di una strategia efficace. In base alla nostra esperienza, essere seguiti da un professionista in campagna elettorale può far guadagnare, ad un candidato, con le giuste condizioni, fino ad un paio di punti percentuali al mese nei sondaggi.

Tuttavia, in questo caso, sono due gli elementi in grado garantire il successo di una strategia:

  • il “tempo”, ossia quanto tempo prima delle elezioni viene instaurata la collaborazione fra agenzia e candidato;
  • i punti di distacco nei sondaggi rispetto agli avversari.

Contattando, ad esempio, un’agenzia 2 o 3 mesi prima del voto, è possibile far recuperare un candidato lievemente in svantaggio o consolidare il margine di  vittoria nel caso in cui questi fosse già in vantaggio. Qualora invece lo svantaggio fosse di 10-15 punti percentuali o più, è preferibile instaurare la collaborazione almeno 7 o 8 mesi prima del voto.

In via generale, dunque, per conseguire un risultato tangibile, la decisione migliore è quella di intraprendere la collaborazione con un’agenzia di comunicazione politica almeno 6 o 7 mesi prima della consultazione, anche perché il primo mese viene solitamente impiegato per pianificare la strategia che poi farà da “big picture” per tutta la campagna.

Cosa fare se si contatta un’agenzia di comunicazione con troppo poco anticipo?

Purtroppo, però, contrariamente a quanto detto nel paragrafo precedente, spesso i candidati si rivolgono ai professionisti troppo tardi, magari quando si rendono conto di essere in forte svantaggio rispetto agli avversari.

In questo caso, è dovere del consulente essere onesto con il candidato, facendogli presente che contattare un’agenzia a 2 mesi dalle elezioni non è una mossa vincente e potrebbe, quindi, non essere sufficiente ad assicurare la vittoria, a meno che il candidato non fosse già in vantaggio o lo svantaggio fosse davvero ridotto.

Quello che bisogna fare, in questa fase, è di analizzare con calma la situazione e, sulla base di questa analisi, elaborare una strategia adeguata al contesto  basata su obiettivi “SMART”, acronimo di “Specific” (specifico), “Measurable” (misurabile), “Achievable” (raggiungibile), “Relevant” (rilevante), “Time-based” (basato sul tempo).

Qualora, ad esempio, lo svantaggio rispetto agli avversari fosse talmente elevato da non consentire in alcun modo di pensare alla vittoria, l’obiettivo potrebbe diventare quello di non perdere in modo rovinoso. Nel caso, ad esempio, di un candidato Sindaco, qualora non ci fossero possibilità concrete di ottenere la poltrona di primo cittadino, l’obiettivo della campagna potrebbe diventare quello di riuscire a portare in consiglio il maggior numero di candidati della propria lista.

Questo è possibile solo valutando bene il contesto ed elaborando una strategia che sia in linea con esso, tenendo conto sia delle aspettative del candidato, sia della realtà concreta. Una volta elaborata la strategia, che dovrà rimanere la stessa dall’inizio alla fine della campagna anche per non confondere gli elettori o essere accusati di incoerenza da parte degli avversari, è importante che ci sia massima fiducia nei confronti del professionista da parte del candidato e viceversa.  

L’entourage del candidato perfetto

Un altro requisito organizzativo importante che un candidato non dovrebbe mai trascurare è quello di selezionare in modo accurato il proprio staff. È, infatti, impensabile che egli si occupi da solo di tutti gli aspetti “burocratici” della campagna, come ad esempio la presentazione delle liste, la raccolta delle firme per le candidature, la gestione dei volontari del comitato, delle spese della campagna e così via. 

Anche per quanto riguarda la comunicazione dovrebbero esserci sempre più figure come, ad esempio: qualcuno che si dedichi alle grafiche, un’altra risorsa che si dedichi ai video, un’altra ancora che crei il sito, qualcuno che si dedichi alla gestione dei social o dell’ufficio stampa e via discorrendo.

Avere a proprio fianco dei collaboratori che siano capaci di gestire alcune di queste attività in modo autonomo è, pertanto, un elemento irrinunciabile, a meno che non si voglia sacrificare le ore di sonno notturno! 

Dato che poi, comunque, bisogna fare i conti con il budget, l’aspetto fondamentale non è tanto di “quante persone sia composto lo staff del candidato”, quanto, piuttosto, che i ruoli interni sia ben definiti.

Facciamo un esempio: se all’interno dell’entourage del candidato Sindaco c’è un professionista che si occupa di scrivere i comunicati stampa, sarà sempre lui a preoccuparsi di rivederli insieme al candidato e/o al campaign manager. Non sarà necessario discutere il comunicato con il testo dello staff, altrimenti si rischia di bloccare tutto il processo.

Questo è un aspetto veramente fondamentale nel momento in cui si va a gestire lo staff: ogni compito deve avere un proprio responsabile, in modo che i ruoli siano sempre ben definiti e non ci siano accavallamenti.

Inutile dire che, perché la divisione dei ruoli funzioni, occorre selezionare il proprio staff in modo che all’interno di ogni reparto ci sia il giusto mix di competenze. 

Bisogna, inoltre, che i membri dello staff siano messi in condizione di non avere mai il timore di dire la verità anche quando questa potrebbe risultare scomoda per il candidato. Su questo punto, che è di cruciale importanza, torneremo in seguito: nel paragrafo successivo parliamo, invece, di un’altra caratteristica tecnica del candidato perfetto, ovvero la capacità di ascoltare il proprio elettorato.

Come ascoltare l’elettorato e raccogliere dati utili per la campagna

La definizione del programma elettorale di ciascun candidato dovrebbe sempre partire da un’analisi preventiva di quali siano i bisogni e gli interessi del proprio elettorato. Questo serve, prima di tutto, ad avere un programma ben definito che renda riconoscibili le idee e le proposte del candidato rispetto a quelle degli avversari.

Tuttavia, qui occorre fare una precisazione: un programma è sempre il risultato di mix tra l’ascolto del proprio elettorato e quelle che sono le idee del candidato. Tradotto in soldoni, il programma con cui ci si candida alle elezioni, ossia la proposta politica del candidato, non deve mai dipendere totalmente dall’esito di sondaggi e focus group!

A questo si arriva, appunto, combinando i risultati delle rilevazioni statistiche sul proprio elettorato con l’identità e le idee politiche del candidato. Inoltre, altro aspetto molto importante, occorre che l’elettorato, soprattutto nelle consultazioni per il rinnovo di amministrazioni locali (elezioni regionali e comunali), percepisca un reale interesse verso le proprie problematiche da parte di chi sarà chiamato a rappresentarli.

È necessario, quindi, che il candidato, oltre a commissionare indagini statistiche, si faccia vedere in giro il più possibile mantenendo un atteggiamento non passivo, ma facendo domande e cercando di capire dalla cittadinanza stessa quali siano le richieste più sentite e urgenti.

Quando aprire le pagine social in vista della campagna

Uno dei problemi maggiori, quando intraprendiamo una collaborazione con un nuovo candidato, è quello di scoprire che questo non ha profili social o, se li ha, non ha tutti quelli che servono. Spesso, infatti, dispone di un profilo Facebook personale, ma non di una pagina, o fanpage, che sono due cose molto differenti. 

La disaffezione fra politica e social dipende, in parte, dalla marea di problemi che la gestione dei Social Media stessi comporta, in parte, dalle limitazioni imposte ai politici dalle piattaforme stesse. Tik Tok non consente, ad esempio, le sponsorizzazioni da parte di politici, mentre WhatsApp non permette l’invio di messaggi da parte di partiti e candidati. 

Anche in Facebook e Instagram sono presenti numerose restrizioni, alcune delle quali sono state introdotte a seguito dello scandalo della società di consulenza britannica Cambridge Analytica, accusata di aver utilizzato in modo improprio dati degli utenti per creare messaggi mirati in grado di favorire l’elezione di Donald Trump nel 2016.

Il fatto di arrivare a pochi mesi dal voto senza aver ancora attivato dei profili Social può rappresentare un grosso handicap sia per il candidato, sia per il consulente cui sia stato dato l’incarico di gestire la campagna elettorale. 

Questo anche perché su alcune piattaforme può volerci anche un mese intero per attivare le sponsorizzazioni e queste, oggi, sono fondamentali per poter aumentare velocemente la propria visibilità. È, pertanto, auspicabile che le pagine Social della lista o del candidato sia già state avviate 12 mesi prima delle elezioni.

Avere i propri profili Social non solo attivi, ma anche con dei contenuti validi almeno un anno prima dalla data della consultazione consente, inoltre, al candidato di non apparire come l’ennesimo politico che, a pochi mesi dalle elezioni, sbarca sui Social, per poi magari smettere di seguire i propri profili pubblici una volta finita la campagna elettorale. Al contrario, il fatto di apparire, su questi canali, già interessato a risolvere i problemi del territorio prima ancora della discesa in campo, non può che giovare alla creazione di un legame solido con la propria base.

Qualora, invece, come auspicato, il candidato avesse già i propri profili attivi sulle principali piattaforme Social mesi prima delle elezioni, anche in questo caso potrebbero esserci dei problemi, sebbene di più facile soluzione. Le pagine potrebbero, infatti, essere curate male o in maniera talmente discontinua da risultare inutili (quando non controproducenti) ai fini della creazione di una linea di comunicazione efficace. In tal caso va sicuramente effettuato, da parte del consulente, un lavoro di “pulizia” che potrebbe comportare, ad esempio, la rimozione di alcuni contenuti, il restyling grafico sia dell’immagine del profilo, sia di quella di copertina, la riscrittura delle presentazioni e così via. 

Se e perché fare i video

I video sono, oggi, uno degli strumenti di comunicazione che funzionano meglio anche in politica a causa della loro immediatezza e del fatto che possono essere fruiti dagli utenti senza il bisogno di essere impegnati nella lettura.

Questi sono solo alcuni dei motivi per cui il candidato perfetto non può esimersi dal fare i video. Ciò detto, è anche vero che video e reels non devono essere fatti tanto per fare, ma anche in questo caso occorre stabilire una strategia precisa, curandone tutti gli aspetti, compresi quelli “tecnici” come l’audio o l’inquadratura.

Anche se, quindi, fare video di qualità rientra nelle “corde” di tutti in quanto è sufficiente, in molti casi, avere uno smartphone con una buona fotocamera, non tutti hanno la possibilità di ritagliarsi del tempo per realizzare le clip necessarie. Dopo averle registrate, si devono montare, vanno aggiunti musica e  sottotitoli, devono essere scaricate e così via: una vera seccatura, insomma, per un candidato che deve stare dietro alla sua fitta agenda di appuntamenti!

Anche in questo caso, quindi, è preferibile che sia un professionista ad occuparsene, soprattutto se in grado di garantire tutte le competenze necessarie.

Come rispondere alle critiche

Nessun candidato è esente da critiche e queste potrebbero venire da chiunque si muova sull’arena politica: elettori, giornalisti, altri candidati. Ciò detto, il candidato perfetto dovrà essere in grado di destreggiarsi nel caso di un attacco sui Social, sui media o durante un incontro pubblico, seguendo la strategia o linea di comunicazione fissata in partenza per questo tipo di eventualità.

Proprio per questo, risulta utile, in fase di programmazione del proprio “big picture”, definire quali potrebbero essere le critiche più feroci nei confronti del nostro candidato e preparare già una risposta.

In linea generale, è importante evitare che chi subisce l’attacco si abbassi al livello dei suoi detrattori, rispondendo in modo aggressivo o volgare (il consiglio “contare sempre fino a 10” vale sempre). 

La risposta, oltre a non dover essere mai “di pancia”, dovrà essere calibrata in base a:

  • l’argomento o tema della critica;
  • la rilevanza che questo ha per gli elettori;
  • la fondatezza delle argomentazioni addotte a sostegno dell’attacco;
  • il livello di credibilità/ consenso da parte dei propri elettori sui temi tirati in ballo dalla critica di chi subisce rispetto a chi l’ha avanzata.

Vediamo, dunque, di seguito alcune possibili modalità di risposta in base a questi criteri:

  1. Qualora la critica fosse palesemente infondata, la decisione migliore potrebbe essere quella di non rispondere proprio, oppure di dire semplicemente attraverso un comunicato stampa o sui social: “i fatti parlano da soli”. 
  2. Se l’attacco riguarda un tema in cui il candidato è particolarmente forte e gode di maggiore credibilità rispetto a chi lo critica (o agli avversari in generale), è consigliabile rispondere in modo deciso e diretto, difendendo la propria posizione e sfruttando l’occasione per ribadire i propri punti di forza, piuttosto che deviare la discussione su altri temi.
  3. Qualora, rispondendo alla critica il candidato fosse tirato per la giacchetta su un terreno in cui l’aggressore ha più credibilità di lui soprattutto qualora si trattasse di un tema poco rilevante per gli elettori, una strategia adeguata potrebbe essere quella di glissare e ignorare del tutto l’attacco.
  4. Se, infine, il candidato fosse attaccato in modo pesante su un tema che sta particolarmente a cuore agli elettori o, comunque, su argomenti molto importanti (ad esempio, uno scandalo grave che riguarda qualche membro della lista), in tal caso bisogna attuare una delle strategie di gestione della crisi descritte nell’articolo appena linkato altrimenti si rischia una crisi comunicativa che potrebbe portare ad una drastica riduzione del consenso.

L’importanza di dire tutta la verità ai consulenti

Quando la gestione di un attacco mediatico è affidata a un consulente, il discorso non cambia rispetto a quanto detto nel precedente paragrafo, tuttavia, proprio in questo tipo di situazioni, è importante che vi sia massima lealtà e fiducia fra il professionista e il candidato. 

Qualora, pertanto, il candidato fosse consapevole di avere dei “punti deboli” è importante dire tutta la verità al consulente, al fine di pianificare in anticipo la linea di difesa da adottare nel caso di un attacco.

Definiamo, innanzitutto, cosa sia uno “scandalo” in politica: questo è, in genere, un attacco su questioni rilevanti che siano in grado di condizionare sul piano affettivo, cognitivo e comportamentale l’elettorato. Le persone, infatti, si aspettano che un candidato, anche nella sua vita privata, si comporti sempre in modo congruente con i valori espressi dalla propria identità politica. Quando questo non avviene e viene svelato, non solo gli elettori possono sentirsi traditi, ma la fiducia stessa nei confronti del candidato potrebbe risultare irrimediabilmente compromessa. 

Occorre, pertanto, attuare delle strategie comunicative capaci di ripristinare la buona reputazione del candidato agli occhi dei suoi stessi elettori. In tal caso, inutile negarlo, i Social possono svolgere davvero un ruolo determinante per supportare una corretta cornice interpretativa o “frame” dei fatti. Questo anche perché non di rado è proprio su canali come Facebook che gli elettori tendono a formarsi un’opinione sui fatti, elevandosi talvolta perfino al ruolo di “commentatori” o addirittura “esperti”. 

È dunque fondamentale, soprattutto in situazioni come queste, avere all’interno del proprio staff un esperto di Social Media che sia in grado di gestire non solo la comunicazione che proviene dal candidato, ma anche il dialogo stesso all’interno della community formata dai propri elettori.

Conoscenze che deve avere il candidato

Dedichiamo questo ultimo paragrafo a quali debbano essere le conoscenze “indispensabili” che un candidato deve avere. Fermo restando che il ruolo del politico non è “tecnico” e che la sua funzione è quella di “rappresentare” i cittadini, è comunque importante che un candidato abbia delle competenze di base, che variano a seconda anche dell’arena politica in cui questi si va a cimentare. 

Nel caso, ad esempio, di elezioni amministrative, le conoscenze di base che deve avere il candidato sono quelle che riguardano il territorio per cui si propone di diventare amministratore, comprese tutte le problematiche più importanti. Ad esempio, se nel Comune in cui ti vuoi candidare come sindaco ci fossero questioni irrisolte che vanno avanti da decenni, dovrai essere a conoscenza di tutte le vicende storiche e politiche riguardanti quel problema fin dalle origini. Questo potrebbe, però, non bastare. Bisogna anche conoscere l’umore e l’opinione delle persone che vivono a contatto con quel problema, confrontarsi con loro ed essere capaci di intravedere insieme a loro una soluzione.

Ciò detto, è anche vero che nessuno può essere competente su tutto, neppure un amministratore o un politico. Pertanto, quando si tratta di argomenti più specifici come lavori pubblici e bilancio, è bene fare riferimento al consiglio degli esperti. Lo stesso vale anche per la comunicazione: se devi fare un comunicato stampa, dovrai affidarti a quello che ti dice di fare il responsabile del tuo ufficio stampa. Idem per le piattaforme Social e per il canale WhatsApp qualora ne avessi uno.

Conclusioni

Possiamo concludere questo articolo con questo monito: “Il candidato deve fare il Candidato”. Spiegazione: il candidato deve stare sul territorio, ascoltare la gente per capire quali siano i problemi da risolvere, non chiudersi in un ufficio per discutere su quali siano le foto e i video migliori da pubblicare su Instagram

Il ruolo di un candidato, durante una campagna elettorale, è prima di tutto quello di incontrare gli elettori, pertanto non dovrebbe e neppure potrebbe occuparsi di scrivere i comunicati stampa, inviarli alle redazioni, pianificare e pubblicare post sul sito e sui social media, realizzare video e così via. Questi sono compiti che spettano al suo staff: pertanto, dopo aver dato delle direttive e pianificato, insieme ai collaboratori, la strategia, deve imparare a delegare limitandosi, laddove necessario, a controllare il lavoro finito.

Questo dovrebbe aiutarti ulteriormente a comprendere non solo l’importanza di avere un “big picture” che faccia da timone per tutta la durata della campagna, ma anche quanto sia fondamentale che tra il candidato e il suo entourage ci siano sempre la massima lealtà e fiducia possibili.

Nel film “Le idi di Marzo”, avvincente thriller politico diretto e interpretato da George Clooney nel 2012, il campaign manager Paul Zara si rivolge così al giovane e brillante addetto stampa del candidato del Partito Democratico alle primarie per la Presidenza degli Stati Uniti Stephen Meyer: 

C’è solo una cosa che conta a questo mondo, Steven: essere leali. Se non lo sei, non sei nessuno! E resti solo! E in politica… in questo cazzo di politica è l’unica moneta su cui puoi contare. È per questo che ti licenzio. Non perché sei incapace, non perché sei noioso, perché la fiducia conta più della bravura, e io non mi fido più di te.” 

Anche se chi ha visto il film sa quanto, in realtà, ideali come la lealtà e l’onestà siamo facilmente gettati dalla finestra in cambio del potere e del successo personale, noi siamo del parere che, in verità, tenere fede a quanto si è stabilito in partenza, comunicando sempre in modo sincero sia le notizie positive sia quelle negative, sia, spesso, la chiave per il successo di una strategia di comunicazione politica ed elettorale.

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